Mario Dondero, l’ultimo romantico

Molti lo definiscono la primula rossa del fotogiornalismo italiano e non senza ragioni: è inafferrabile, schizza senza preavvisi da una parte all’altra del mondo, perennemente con la valigia in mano e le macchine in spalla. Chi parla e scrive di lui non risparmia gli aggettivi: ribelle e schivo, originale, patriota internazionale, leggendario… Genovese di padre, madre milanese, Mario Dondero è nato nel capoluogo lombardo nel 1928 ed ha vissuto l’infanzia tra le due città. A sei anni, come racconta con orgoglio, aveva un successo indicibile presso le ragazzine per il modo ispirato con cui cantava Ma se ghe penso; poi, calciatore nelle file del Gorgonzola, periferia nord est di Milano, ricorda i premi partita pagati a formaggio, scambiato spesso con bottiglie di Lambrusco e salami di Felino. Il periodo della guerra lo vede partigiano sedicenne nella sesta Brigata Garibaldi sui monti della Val d’Ossola, catturato dai fascisti tornò a casa miracolosamente: si salvò perché tra di loro c’era anche un suo coinquilino del piano di sopra. Leggi tutto “Mario Dondero, l’ultimo romantico”

FOTOGRAFIA E ARTE – Le contaminazioni, gli autori e il mercato

La pittura è morta. Cominciarono a dirlo subito dopo l’invenzione della fotografia, quando molti artisti cominciarono ad usare il nuovo mezzo, la loro mansione divenne quella di pittore fotografo e nel loro logo era ancora presente una tavolozza con i pennelli. Il tempo ha poi dimostrato che entrambe le arti sono cresciute autonomamente, pur con qualche contaminazione fisiologica, trasformandosi e adattandosi ai tempi per opera degli autori geniali che le hanno praticate, ma anche viceversa: il Tempo e la Storia si sono arricchiti e adattati alle varie correnti che si sono succedute, perché gli artisti sono sempre un po’ più avanti, a volte parecchio.
Oggi si torna a ripetere che la pittura è morta, che non ha più niente da dire, i critici e gli studiosi si affannano ad indagare nuove funzioni e significati, mentre nelle mostre si incontrano, come sempre, opere di talento o demenziali, e la definizione dipende dalla preparazione culturale di chi la emette e dalla sua capacità di interpretazione dell’arte, oltre che da interessi precisi nel mercato.
Vista dalla nostra parte di fotografi la situazione attuale è molto interessante perché ci sono parecchi casi evidenti in cui è proprio la fotografia ad ispirare gli autori che lavorano di pennello.

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Esprit d’Arles – Photo Workshop

Da venerdì 3 a domenica 5 luglio 2015 – Docente: Claudio Marcozzi

Patrimonio mondiale dell’Umanità, Arles è una città dalle tante anime. Quella romana, quella provenzale, quella gitana, quella araba, con tante sfumature intermedie che vanno da Van Gogh a Lucien Clergue, fondatore degli incontri internazionali di fotografia.

Della città romana, centro nevralgico lungo la via Aurelia che incrocia il Rodano, conserva tracce imponenti: il Teatro Antico e l’Arena, aperti e funzionanti per spettacoli e corride, e la necropoli degli Alyscamps, oltre a vari elementi sparsi tra cui i resti del foro in Place du Forum e le terme. L’anima provenzale sarà evidente proprio nei giorni del workshop con la serata tradizionale della Pegoulado, la festa del costume e i “gardian” della Camargue con i loro tori. Per l’anima gitana basta citare i Gipsy Kings, mentre quella araba la si ritrova soprattutto nel quartiere della Roquette. Vincent Van Gogh visse qui due anni (1888-1889), abbagliato dalla luce del sud e dai suoi colori violenti e producendo i capolavori che conosciamo. La stessa luce che ha stregato il genio olandese diventerà l’inchiostro dei fotografi che impareranno ad usarla per i propri scopi.

E poi i Rencontres, giunti ormai alla 46a edizione, il più grande e famoso festival mondiale della fotografia. Quest’anno parte il 6 luglio.